In quest’altra isola, il mare è sempre presente, ma lo fa in modo più intimo, più selvaggio.
Sono le spiagge nascoste, quegli angoli dove l’Atlantico sembra sussurrarti all’orecchio e il tempo rallenta. Non sono proibite, né nascoste da leggende: semplicemente non compaiono nelle guide, non ci sono cartelli luminosi né chioschi che vendono cocktail. Sono lì, ad aspettarti con la loro sabbia nera, le rocce vulcaniche, le acque limpide e profonde. Alcune sono difficili da raggiungere, altre richiedono una discesa a piedi o un sentiero tra fichi d’India e burroni. Ma tutte hanno una cosa in comune: quando arrivi, sai che ne è valsa la pena.
C’è, per esempio, Playa de los Patos, nel nord dell’isola. Non ha un accesso facile, e a volte le maree la fanno sparire del tutto. Ma quando si mostra, è come un miracolo: una lunga lingua di sabbia scura abbracciata da scogliere verdi e dal suono costante delle onde. Lì non c’è altro che tu, il mare e il cielo. Forse qualche coppia silenziosa, un surfista solitario. E questo basta.
Oppure Playa de Benijo, più conosciuta ma ancora autentica, con le sue formazioni rocciose che emergono dall’acqua come giganti addormentati. È un luogo dove guardare l’orizzonte e riflettere su quanto siamo piccoli. Il sole tramonta lentamente lì, e ogni sera è diversa: una dorata, un’altra rosa, un’altra ancora così grigia da sembrare disegnata con l’inchiostro. La sabbia scotta e il vento soffia forte, ma nessuno si lamenta. Perché c’è bellezza nell’indomito.
Più a sud, dove si potrebbe pensare che tutto sia ormai dominato dal turismo, ci sono ancora dei segreti. La Caleta di Adeje, per esempio, nasconde piccole calette tra le rocce, dove si può nuotare senza altra compagnia che i pesci. E Montaña Pelada, una spiaggia nudista dall’aria di libertà assoluta, dove il paesaggio lunare e il silenzio creano una sorta di rifugio senza giudizio né fretta.
In tutte queste spiagge succede qualcosa di curioso: le conversazioni si fanno più basse, i telefoni si mettono via, gli orologi smettono di contare. È come se il luogo stesso chiedesse rispetto, come se il mare imponesse una tregua al rumore del mondo. E la gente, senza sapere bene perché, obbedisce.
Non ci sono lettini né ombrelloni. Niente docce o bagni. A volte nemmeno il segnale del telefono. Ma c’è qualcos’altro: spazio, aria pura, verità. La possibilità di stare con sé stessi senza filtri, senza fronzoli. La sensazione di trovarsi in un luogo che non ha bisogno di nient’altro per essere perfetto.
Conoscere queste spiagge non è solo fare turismo alternativo. È entrare in contatto con la Tenerite profonda, quella che ricorda ancora com’era prima dei resort e degli aeroporti affollati. E arrendersi alla natura senza chiederle comodità, solo esperienze. E ti rendi conto, mentre raccogli le tue cose al calar del sole, che quell’angolo senza nome ti ha appena regalato qualcosa di prezioso: un ricordo che non riuscirai a spiegare, ma che resterà con te.
Perché ci sono luoghi che non sono fatti per essere raccontati, ma per essere vissuti. E le spiagge nascoste di Tenerife sono esattamente questo.