Quando il vulcano diventa cucina: l’esplosione gastronomica delle Canarie e l’ondata italiana

Scritto il 28/10/2025
da Caterina Chiarelli

Le Isole Canarie non sono più soltanto sinonimo di sole, oceano e relax. Negli ultimi anni, questo arcipelago di origine vulcanica, sospeso tra l’Africa e l’Europa, è diventato una delle nuove capitali del gusto: un luogo dove la cucina si intreccia con la natura, la sostenibilità e le storie di chi ha scelto di farne il proprio laboratorio creativo. Tra ristoranti stellati e progetti indipendenti, le Canarie rappresentano oggi un punto d’incontro straordinario tra tradizione locale e contaminazioni internazionali. E tra queste ultime, l’influenza italiana si distingue con forza: chef che hanno portato sull’isola il rigore tecnico e la sensibilità mediterranea, trovando un terreno fertile per reinventarsi e contribuire alla crescita culturale ed economica del territorio.

A guidare questa rivoluzione gastronomica è una nuova generazione di cuochi che ha compreso quanto il territorio possa diventare il cuore pulsante della propria cucina. Lo chef Borja Marrero, ad esempio, è oggi uno dei protagonisti più rappresentativi di questa rinascita. Nel suo ristorante MuXgo, situato nel cuore di Las Palmas di Gran Canaria, ogni piatto è un racconto della terra: dal miglio ai fichi d’India, dai formaggi caprini artigianali alle piante selvatiche raccolte sui pendii vulcanici. Marrero ha costruito attorno al suo progetto una vera e propria fattoria autosufficiente, dove tutto nasce, cresce e ritorna in un ciclo chiuso di sostenibilità. La sua filosofia, che gli è valsa due stelle Michelin, si fonda su una convinzione semplice e radicale: “Non si può più ignorare il legame fra cucina e territorio”. La sua cucina è un manifesto di identità e di rispetto per la natura, ma anche una visione del futuro, dove l’alta gastronomia non è più separata dall’ambiente che la nutre.

Accanto ai protagonisti locali, le Canarie hanno attratto negli ultimi anni chef provenienti da tutta Europa, sedotti dalla libertà creativa, dai ritmi di vita più umani e dalla possibilità di costruire qualcosa di autentico. Tra loro spiccano diversi italiani, portatori di una cultura gastronomica profonda, fatta di tecnica e passione. È il caso di Niki Pavanelli, bolognese, oggi alla guida del ristorante Il Bocconcino by Royal Hideaway a Costa Adeje, nel sud di Tenerife. Il suo locale ha ottenuto una stella Michelin nel 2024, diventando un simbolo dell’eccellenza gastronomica dell’arcipelago. Pavanelli ha saputo fondere l’eleganza della cucina italiana con i prodotti locali, come il maiale nero canario e i pesci dell’oceano Atlantico, creando una sinergia che incarna perfettamente lo spirito delle Canarie: aperte, creative, cosmopolite. Nei suoi piatti, come nella celebre “Carbonara 3.0”, il confine tra Italia e isole vulcaniche si dissolve, lasciando spazio a una nuova cucina mediterranea, contemporanea e rispettosa del territorio.

Un altro esempio emblematico è Giulia Cantatore, romana, che dopo anni in ristoranti stellati in Italia ha scelto Fuerteventura come nuova casa professionale. Con il suo Margot Bistrot y Tapas, Cantatore unisce la scuola gastronomica italiana all’uso creativo delle materie prime locali, in un contesto dove la filiera corta e la semplicità diventano strumenti di innovazione. La sua sfida quotidiana: reperire ingredienti di qualità in un territorio insulare, formare personale, educare al gusto, è anche il simbolo di una cucina che non si arrende alla distanza geografica, ma la trasforma in ispirazione. “Fuerteventura mi ha insegnato che la semplicità, se sincera, può essere rivoluzionaria”, racconta la chef. In questo equilibrio tra radici e avventura, molti cuochi italiani trovano alle Canarie la possibilità di ricominciare, di esprimersi liberamente e di costruire un percorso personale lontano dai circuiti affollati del continente.

Parallelamente, la rivoluzione gastronomica canaria si intreccia con una nuova sensibilità alimentare globale. Sempre più chef sia nelle Canarie sia in Italia promuovono un approccio sostenibile e consapevole al cibo, basato sull’uso di proteine vegetali e ingredienti alternativi. È il caso di Stefano Polato, chef italiano specializzato nella nutrizione per missioni spaziali, che incoraggia bambini e ragazzi a riscoprire legumi, cereali e verdure come fonti di proteine naturali. Questa tendenza, nata dalla ricerca di un equilibrio tra salute, gusto e rispetto per l’ambiente, sta ispirando anche molti ristoratori delle Canarie, che sperimentano piatti creativi a base di proteine alternative e ingredienti locali a basso impatto ambientale.

Le storie di Marrero, Pavanelli e Cantatore si inseriscono in un panorama in piena trasformazione. Secondo la Guida Michelin 2025, le Canarie contano oggi sedici stelle distribuite tra Tenerife, Gran Canaria e Lanzarote, confermandosi come una delle regioni gastronomiche più dinamiche della Spagna. Questo fermento è il frutto di una visione condivisa: valorizzare il prodotto autoctono (dal vino vulcanico al formaggio majorero, dal pesce atlantico alle verdure tropicali) e promuovere un turismo gastronomico sostenibile. Manifestazioni come Terrae, a Gran Canaria, dedicate alla cucina rurale, mostrano come l’arcipelago voglia raccontarsi attraverso la propria identità agricola e culinaria, offrendo ai visitatori esperienze autentiche e consapevoli.

Per chi lavora nella ristorazione, le opportunità offerte dalle Canarie sono oggi più concrete che mai. Gli chef locali e internazionali trovano un ambiente fertile per sperimentare, un mercato in crescita e una qualità della vita difficilmente eguagliabile. Il turismo, che rappresenta circa il 35% del PIL dell’arcipelago, si sta spostando verso un modello esperienziale, in cui il cibo è parte integrante del viaggio. Oggi, secondo l’Observatorio Turístico de las Islas Canarias, oltre il 59% della spesa dei visitatori è destinato a ristoranti e locali, segno di una domanda gastronomica in forte espansione. L’Istituto di ricerca turistica delle Canarie conferma inoltre che la reputazione online delle esperienze culinarie è uno degli indicatori più monitorati, al pari delle attrazioni naturali.

Anche l’Italia, nel suo piccolo, è ben rappresentata: sono oltre 50 i ristoranti italiani attivi nelle Canarie, molti dei quali fondati da professionisti emigrati che hanno scelto di unire la propria cultura culinaria a quella canaria. Secondo i dati della CaixaBank Research, il settore agroalimentare e della ristorazione ha registrato una crescita sostenuta grazie all’aumento della domanda di esperienze gastronomiche e al miglioramento della capacità di spesa turistica. È un segnale chiaro: cucinare alle Canarie oggi non significa solo lavorare, ma partecipare a un processo di rinascita economica e culturale.

L’evoluzione della cucina canaria e italiana nel contesto delle nuove abitudini alimentari globali dimostra come il cibo sia diventato un linguaggio universale per parlare di innovazione, salute e identità. L’attenzione verso le proteine vegetali, la riduzione dello spreco alimentare e la riscoperta dei sapori naturali riflettono la volontà di creare una gastronomia più etica e sostenibile. In questo senso, le Canarie e l’Italia condividono un percorso comune: unire tradizione e sperimentazione per costruire un futuro culinario consapevole e responsabile.

Le Isole Canarie offrono dunque un modello alternativo di successo: qui la cucina non è solo spettacolo o status, ma dialogo con la natura e con le persone. È un territorio che premia chi sa mettersi in gioco, chi desidera coniugare creatività e sostenibilità, e chi vede nel cibo un linguaggio universale capace di unire. In un mondo che spesso corre troppo, queste isole insegnano che anche nel silenzio di un tramonto sull’oceano può nascere un’idea rivoluzionaria: quella di vivere e lavorare in armonia con ciò che si ama.