Plátano de Canarias: storia, economia e sfide nel mercato UE

Scritto il 20/11/2025
da Redazione

Le banane delle Isole Canarie – il Plátano de Canarias – rappresentano da oltre un secolo uno degli elementi economici e identitari più forti dell’arcipelago. La coltivazione su larga scala iniziò alla fine del XIX secolo, quando i porti franchi del 1852 resero più semplice esportare frutta tropicale. Prima il banano era diffuso solo a livello domestico, ma l’arrivo di compagnie britanniche negli anni Ottanta dell’Ottocento trasformò la pianta in una risorsa commerciale. Nel 1878 il mercante Peter S. Reid spedì verso l’Inghilterra il primo carico ufficiale, e negli anni successivi imprenditori come Alfred L. Jones e società come Fyffes Ltd. svilupparono un sistema di produzione e trasporto stabile, collegando regolarmente le Canarie ai porti britannici. Anche Henry Wolfson contribuì all’espansione delle piantagioni, che in pochi anni sostituirono prodotti tradizionali come la cochinilla, ponendo le basi di un settore che avrebbe segnato la storia agricola dell’arcipelago.

Nel corso del Novecento la coltura si consolidò in quasi tutte le isole e il plátano divenne la principale produzione agricola canaria. Oggi le piantagioni coprono circa 9.000 ettari e generano 350–400 mila tonnellate di frutti all’anno, concentrate soprattutto a Tenerife, La Palma e Gran Canaria. Il settore garantisce oltre 35.000 posti di lavoro lungo la filiera e rimane un pilastro dell’economia rurale. Nel mercato spagnolo il prodotto mantiene una posizione dominante: nel 2024 ha rappresentato più della metà del valore totale delle banane vendute nel Paese, grazie alla qualità riconosciuta e al marchio IGP, che ne tutela caratteristiche e tracciabilità.

Dagli anni ’90, però, il comparto affronta una concorrenza crescente dovuta alla liberalizzazione del mercato europeo, che ha ridotto la protezione rispetto alle banane extraeuropee a basso costo. I produttori canari operano con costi più elevati – acqua, lavoro, norme fitosanitarie – e denunciano condizioni di competizione non equilibrate. Per questo gli aiuti POSEI dell’UE risultano fondamentali per mantenere la sostenibilità economica del settore, mentre continua la richiesta di imporre alle importazioni gli stessi standard ambientali e sociali europei.

La vulnerabilità del comparto è emersa chiaramente nel 2023, quando una produzione record di 440 milioni di kg – dovuta a temperature eccezionalmente alte – ha causato un crollo dei prezzi, spesso inferiori ai costi di produzione. Il 2024 ha visto un riequilibrio grazie a un raccolto più contenuto e a un aumento delle esportazioni verso altri Paesi, portando il fatturato a circa 400 milioni di euro. Il consumo resta solido e il prodotto canario continua a convincere i consumatori, ma la redditività rimane soggetta a oscillazioni legate anche a fattori climatici e geopolitici.

Per reagire, il settore sta investendo in innovazione, marketing e sostenibilità: programmi nelle scuole, collaborazioni con catene di supermercati, riduzione dei pesticidi, uso di imballaggi ecologici e ricerca di nuovi mercati di nicchia. Il plátano continua inoltre a svolgere un ruolo fondamentale nelle comunità rurali, dove spesso rappresenta l’unica coltura davvero redditizia.

In sintesi, il Plátano de Canarias unisce storia, cultura e lavoro. Oggi affronta sfide globali complesse, ma conserva un valore unico grazie alla qualità, all’impegno dei produttori e al forte legame con il territorio. Il futuro dipenderà dalla capacità di innovare e di difendere un prodotto che non è soltanto un frutto, ma una parte viva dell’identità canaria.