Bioprinting 3D: innovazioni, progressi e futuro della medicina rigenerativa

Scritto il 05/12/2025
da Caterina Chiarelli

Il bioprinting 3D rappresenta una delle frontiere più promettenti della medicina rigenerativa. Questa tecnologia utilizza cellule viventi e biomateriali per costruire strutture tridimensionali funzionali, depositate strato dopo strato con una precisione che fino a pochi anni fa sembrava impossibile (Scifiniti). I bioinchiostri in idrogel mantengono vive le cellule durante e dopo la stampa, creando tessuti con una densità cellulare simile a quella umana.

L'obiettivo finale è ridurre la dipendenza dai trapianti tradizionali e sviluppare soluzioni su misura per riparare o sostituire tessuti danneggiati. I recenti progressi hanno innescato sviluppi significativi in Italia e a livello internazionale, trasformando la tecnologia da puramente sperimentale a strumento clinico tangibile.

Electrospider: l'innovazione italiana

Tra le soluzioni europee più avanzate spicca Electrospider, sviluppata da Bio3DPrinting, parte del gruppo SolidWorld, vicino a Firenze, in collaborazione con l'Università di Pisa (3DNatives). Si tratta di una biostampante multimateriale e multiscala che combina due tecnologie complementari: l'elettrofilatura per creare strutture di supporto nanometriche e il bioprinting tradizionale per depositare idrogel cellulari derivati dal paziente (Sanità Digitale). In sintesi, si tratta di una stampante 3D in grado di creare tessuti umani artificiali mediante la combinazione di due tecniche di precisione.

Questa doppia capacità permette di creare tessuti ad alta fedeltà, utili per l'ingegneria tissutale, la ricerca clinica e i test farmacologici. La prima unità, dal valore di circa 650.000 euro, è stata consegnata a un importante centro ospedaliero del Nord Italia, segnando un passo concreto verso applicazioni cliniche avanzate. Il sistema rappresenta un esempio di come la ricerca italiana riesca a competere con i principali centri internazionali, portando innovazione direttamente negli ospedali.

HITS-Bio: la biostampa ad alta velocità della Penn State

I ricercatori della Penn State University hanno sviluppato HITS-Bio, un sistema rivoluzionario che utilizza un array di sedici ugelli per posizionare rapidamente sferoidi cellulari, piccoli aggregati tridimensionali di cellule altamente vitali (Penn State News). Il sistema raggiunge velocità dieci volte superiori rispetto ai metodi tradizionali, mantenendo oltre il novanta percento di vitalità cellulare (Nature Communications). In sostanza, questa nuova tecnica di bioprinting permette di creare tessuti funzionanti molto più velocemente e con cellule più sane rispetto ai metodi precedenti.

La tecnologia ha dimostrato capacità straordinarie nella produzione di tessuti voluminosi: un centimetro cubo di cartilagine può essere stampato in soli quaranta minuti. Gli esperimenti su modelli animali hanno mostrato risultati ancora più impressionanti, con applicazioni nella riparazione ossea in ratti che hanno registrato una guarigione accelerata fino al 96% in sei settimane. Grazie alla sua precisione nella gestione di grandi volumi di sferoidi, questa tecnologia è considerata una base promettente per la futura stampa di organi complessi come il fegato, dove la densità cellulare e l'organizzazione tridimensionale sono fondamentali per la funzionalità.

 Altri progressi globali

Il panorama internazionale si sta muovendo rapidamente, con risultati notevoli che dimostrano come il bioprinting stia lasciando i laboratori per avvicinarsi alla pratica clinica.

In Brasile, ricercatori dell'Universidade de São Paulo hanno bioprintato mini-fegati funzionali in novanta giorni, utilizzando sferoidi cellulari altamente maturi (Voxelmatters). Questi organoidi sono in grado di produrre proteine plasmatiche, secernere bile e mantenere la funzionalità per periodi prolungati (FAPESP). La ricerca brasiliana rappresenta un passo significativo verso la creazione di modelli epatici per test farmacologici e, in prospettiva, per trapianti personalizzati.

L'Università di Padova ha invece sviluppato una tecnica rivoluzionaria chiamata intravital 3D bioprinting, che permette di stampare tessuti direttamente all'interno di organismi viventi (Università di Padova). Il metodo prevede l'iniezione di un gel fotosensibile all'interno di tessuti come pelle o cervello di modelli animali, che viene poi solidificato tramite un laser a bassa intensità (BioERA Lab). Questa tecnica permette di rigenerare strutture direttamente all'interno dell'organismo senza chirurgia invasiva. Le evoluzioni più recenti del 2025 includono sistemi di controllo in tempo reale per creare scaffold vascolarizzati più complessi e maturi, aprendo prospettive inedite per la rigenerazione tissutale in vivo.

Il MIT ha recentemente presentato una nuova tecnica di bioprinting che migliora la produzione di tessuti ingegnerizzati, contribuendo al perfezionamento dei protocolli standard (MIT News). Questi sviluppi paralleli dimostrano come la comunità scientifica internazionale stia convergendo verso soluzioni sempre più raffinate e clinicamente applicabili.

Uno sguardo al futuro

Il bioprinting 3D sta rapidamente passando da tecnologia sperimentale a strumento chiave della medicina rigenerativa. Le direzioni più promettenti includono la creazione di tessuti personalizzati da cellule del paziente, lo sviluppo di organoidi più complessi per test farmacologici e lo studio delle malattie e delle tecniche di rigenerazione senza chirurgia tradizionale. Le stampanti stanno diventando sempre più rapide e precise, con l'integrazione dell'intelligenza artificiale per ottimizzare i parametri di stampa in tempo reale.

Sebbene la stampa di organi completi richieda ancora anni di ricerca, i progressi attuali indicano che la trasformazione è già in corso. La convergenza tra bioingegneria, scienza dei materiali e medicina personalizzata sta creando le condizioni per una rivoluzione nel trattamento di patologie oggi considerate incurabili. La riduzione dei tempi di attesa per i trapianti e la possibilità di creare tessuti su misura potrebbero trasformare radicalmente l'approccio terapeutico nei prossimi dieci anni.