Il Solstizio d’Estate, come é noto, corrisponde nella tradizione popolare alla notte tra il 23 e il 24 Giugno o notte di S. Giovanni che a Roma, mia città natia, é conosciuta anche come notte delle Streghe.
In termini molto semplici, nel solstizio la terra si trova in una posizione tale che il sole riesce ad illuminare tutto il circolo (artico in inverno e antartico in estate), quindi tali giorni sono o il più corto (inverno) o il più lungo (estate) relativamente alle ore di luce.
Il solstizio è il primo giorno dell’estate (solstizio d’estate) e in termini astronomici nell’emisfero boreale cade attorno al 20-21 giugno; quello d’inverno (solstizio d’inverno) cade invece verso il 21-22 dicembre, ma anche qui la tradizione popolare scelse una data convenzionale: il 25 dicembre.
{loadposition adsense-riquadro-articoli-piccolo}Non é un caso che questa data infatti sia convogliata nella tradizione cristiana; il Cristianesimo mutuó dai rituali pagani molte delle sue festivitá. La notte di S. Giovanni, tra il 23 e il 24 giugno appunto, rientra nelle celebrazioni solstiziali; il nome associatogli deriva dalla religione Cristiana, perchè secondo il suo calendario liturgico si ricorda la morte di San Giovanni Battista.
Per chi come è me “Romana de Roma” la Festa di San Giovanni è legata prevalentemente alla bella scorpacciata di lumache (eh si! come dicevano i latini de gustibus non est disputandum!) della tradizione popolare, oggi praticamente scomparsa, che si faceva nel corso della “notte delle streghe”, durante la quale la tradizione voleva che le megere incantatrici andassero in giro a catturare le anime.
Secondo la leggenda, infatti, in quella notte il fantasma di Erodiade, che aveva convinto il marito Erode Antipa a far decapitare San Giovanni Battista, organizzava una sorta di sabba di streghe sui prati del Laterano (dove oggi sorge la basilica dedicata a S. Giovanni); per scacciarle i romani predisponevano una grande festa nei dintorni che, tra schiamazzi e fuochi d’artificio, le mettesse in fuga.
Come sempre in una festa che si rispetti non puó mancare, ovviamente, il piatto della tradizione; come dire che dopo aver scacciato le streghe tutto deve finire … a tarallucci e vino. Una caratteristica della notte di S. Giovanni era, appunto, l’usanza di mangiare le lumache – rigorosamente di terra e non di mare – cucinate secondo la seguente tradizionale ed antichissima ricetta: Ingredienti: 2 chili di lumache di vigna o vetriole, 500 gr di pomodori, acciughe, olio extravergine d’oliva, prezzemolo peperoncino, mentuccia (nepitella), aceto, vino bianco asciutto, sale.
Preparazione: Lasciare le lumache per due giorni in un grande colabrodo con alcune foglie di lattuga, mollica di pane bagnata e crusca; poi spugnarle in acqua, aceto e sale, lavandole ripetutamente fino a quando non emetteranno più schiuma; punzecchiarle una per una per vedere se sono vive, eliminando quelle morte; disporle in una grande casseruola con acqua, sale grosso e qualche rametto di mentuccia e metterle sul fuoco a fiamma molto bassa; appena usciranno dal guscio aumentare la fiamma e cuocere per 15 minuti circa; estrarle con una ramina e trasferirle in un’altra casseruola dopo aver preparato un soffritto con olio, aglio, peperoncino e due o tre acciughe dissalate, aggiungere un bicchiere di vino bianco, e quando questo sarà evaporato unirvi i pomodori passati, prezzemolo tritato, sale e cuocere per un’ora, aggiungendo di tanto in tanto acqua in modo da ottenere una certa quantità di sughetto che sarà poi la parte più importante del piatto.
Ricetta un po`cruenta, certo, dal momento che la cottura prevede lumache vive! Le corna dei viscidi animaletti simboleggiavano la discordia (il significato del tradimento è molto più recente): mangiandole si seppellivano nello stomaco i contrasti e i rancori accumulati durante tutto l’anno trascorso, dando all’usanza un significato di riconciliazione.
Così a Roma… Ma arrivata a Puerto ho scoperto che la notte magica di San Giovanni è qui ancora ammantata da aloni pagani, suggestiva e ricca di fascino.
In una parola EMOZIONANTE … altro che le viscide lumache! In questa festa, infatti, secondo un’antica credenza il sole (fuoco) si sposa con la luna (acqua): da qui i riti e gli usi dei faló e della rugiada/acqua, presenti nella tradizione contadina e popolare in moltissime parti d’Europa.
Non a caso gli attributi di S. Giovanni sono il fuoco e l’acqua, con cui battezzava… una comoda associazione, da parte del Cristianesimo, per sovrapporsi alle antiche celebrazioni… Nel corso del tempo c’è stato un sincretismo di tradizioni antiche, pagane, e ritualità cristiana, che dettero origine a credenze e riti in uso ancora oggi e ritrovabili per lo più nelle aree rurali.
I falò accesi nei campi la notte di S. Giovanni erano considerati, oltre che propiziatori anche purificatori e l’usanza di accenderli si riscontra in moltissime regioni europee e persino nell’africa del nord. Tali falò avevano pero’ anche funzione purificatrice: per questo vi si gettavano dentro cose vecchie, o marce, perche’ il fumo che ne scaturiva potesse tenere lontani spiriti maligni e … le streghe.
A Puerto de La Cruz, come spesso ho avuto modo di vedere qui a Tenerife, le feste religiose cristiane si tingono di toni laici o pagani che affondano le loro radici nella notte dei tempi. Qui sopravvive l’antica usanza di recarsi in Playa Jardin per trascorrere questa notte, in modo intimo familiare e divertente.
Al calar del sole, in un tripudio di fiori, un brillare di fuochi e una miscela di odori capaci di stuzzicare anche il palato più inappetente, con i piatti della cucina tradizionale già pronti o allestendo un piccolo barbecue, le famiglie o i gruppi di amici si riuniscono intorno a fuochi di forma circolare, spesso realizzati con candele profumate, accesi sulla spiaggia letteralmente attorniati di fiori di ogni tipo.
La musica è offerta dall’ayuntamiento che ogni anno invita gruppi musicali ad esibirsi ben oltre la mezzanotte con esplosione pirotecnica di fuochi d’artificio.
Durante la cena c’è l’uso di scrivere 7 bigliettini con i desideri per i mesi a venire e gettarli in acqua e altrettanti con le cose da dimenticare da gettare rigorosamente nel fuoco. Allo scoccare della mezzanotte, uomini donne anziani e bambini, si spogliano coraggiosamente degli abiti e si tuffano in acqua come gesto catartico e purificatore; una sorta di ludico battesimo che unisce trasversalmente generazioni e ceti sociali.
Vedere Playa Jardin, rischiarata solo dalla luce dei faló e piena di gente di tutte le etá, allegra e spensierata, tra concerti, balli, spettacoli pirotecnici di grande impatto visivo, ti ripaga dall’immeritato declino che nel corso del tempo ha subito questo gioiello di architettura del paesaggio scaturito dal genio di Cesar Manrique.
Il fatto é che oggi purtroppo Playa Jardin non é solo un po’ sfiorita, ma sta sprofondando lentamente nell’incuria, aggredita dai piccioni, piena di fastidiosissimi sassi, con servizi igienici che di igienico non hanno davvero nulla, priva di una manutenzione adeguata che ha fatto crollare tratti di mura e con caffetterie che sembrano uscite da pellicole cinematografiche degli anni settanta.
Passeggiando per la spiaggia vari cartelli ricordano la Bandera Azul che ricevette in passato (non sappiamo quanto remoto!). Per la veritá a mio parere l’unica eccellenza, oltre allo straordinaro assetto paesistico, é costituita solo dal personale addetto al salvataggio, che ho avuto modo di vedere piú volte all’opera in situazioni difficili, davvero molto preparato.
Per la notte di S. Giovanni vorrei, quindi, gettare tutti gli aspetti negativi di Playa Jardin nel fuoco purificatore augurandomi che possa rinascere dalle sue ceneri come l’araba fenice, e come la avrebbe voluta continuare a vedere Manrique.
Carla Galanti Foto di Davide Drisaldi