Egregio Direttore,
è stato portato alla mia attenzione un articolo recentemente uscito sul suo giornale l’Unione Sarda, in quella che presumo sia una rubrica, intitolata “Parola di donna”, inerente alla realtà degli italiani che risiedono e lavorano a Tenerife.
Ho reputato necessario e doveroso fare alcune precisazioni, avendo potuto rilevare inesattezze e superficialità in un così breve intervento. Ho letto che il NIE sarebbe una sorta di partita IVA e che non necessita neanche il casellario giudiziale? Da dove sono state prese queste informazioni? Il N.I.E (Número de Identificación de Extranjeros) viene rilasciato dalla Policía Nacional ed è semmai, paragonabile al nostro Codice Fiscale.
Voglio pertanto riassumere un pizzico di verità dovuta a mio avviso, ai suoi lettori almeno quanto agli italiani che, le assicuro, tengono ben alto il nome del nostro paese anche in un momento in cui la madre Patria non vive una stagione delle più felici. Il mio lavoro mi porta a conoscere questa realtà in profondità e dividerei il fenomeno degli italiani a Tenerife in tre tronconi:
1) Grossi capitali di imprenditori italiani che operano “anche ” a Tenerife ma si distinguono per capacità e competenza in molti altri paesi del mondo.
2) Famiglie di gente onesta, gioiosa e piena di sogni che formano una media borghesia intellettuale stimata e decisamente rispettata sia dagli spagnoli che dalle altre comunità.
3) Disperati, buoni e cattivi. Persone che non meritano la difficoltà in cui si trovano e altre che la meritano. Di entrambe le categorie si hanno rappresentanze spagnole, inglesi, tedesche, finlandesi, italiane, pakistane, arabe etc…
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Quando elementi del terzo gruppo hanno scontri episodici, sono storie di ghetto, uguali a quelle di tutto il mondo. Niente di più. Ho preso visione del suo articolo presso il campo golf, dove si stava svolgendo un evento organizzato dal Club Ferrari Canarias, italiani impegnati fra l’altro e in modo ammirevole, nel sostegno dei compatrioti in difficoltà. Persone che non scrivono insulti sui muri ma neanche ne ricevono, per intenderci.
Suggerirei se posso, di sospendere, intendo in generale, sia quella che appare come una campagna di marketing per spingere gli italiani a venire alle Canarie che sono, e spendo la mia credibilità in tal senso, un terreno molto difficile sul quale attecchire ma soprattutto vorrei tanto che si ponesse fine ai luoghi comuni sulla bassa qualità della popolazione italiana alle Canarie.
La stragrande maggioranza di loro sono talenti, professionalità, sogni perduti, da un paese che, a mio avviso, dovrebbe fare il possibile per non regalare la sua gente più coraggiosa e creativa al mondo intero.
Antonina Giacobbe