Scopriamo Santa Cruz de Tenerife – prima parte

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Accostarsi all’area metropolitana di Santa Cruz é come accostarsi ad un mosaico composto da tante realtà culturali, edilizie, territoriali, storiche e demografiche differenti.

Passato e presente si fondono in un congiunto di estrema vivacità dei “barrios afuera”, di ordine e hispanicidad del centro e degli antistanti quartieri marittimi, fino alla sconfinata comarca della zona montagnosa del Macizo de Anaga, caratterizzata dalla viva tradizionalità e cultura popolare.

{loadposition adsense-riquadro-articoli-piccolo}Descrivere la vera realtà cittadina é un compito alquanto arduo ma tuttavia grazie alla disponibilità e cordialità locale ho potuto avvicinarmi alla variopinta trama di cui si compone e (scompone) il maggior polo attrattivo insulare di tutto il XX secolo.

Per molto tempo il polo di espansione fu attorno all’antica capitale insulare de La Laguna, modello architettonico significante l’espansione del potente regno di Castiglia in direzione dei nuovi territori atlantici, nei cui pressi si formarono varie entità territoriali, quali villaggi costieri (tra cui Santa Cruz) e comunità agricole, con il fine di scambi commerciali con il maggiore cardine insulare.

Nel 1812 venne stabilita come nuova capitale della regione coloniale canaria il villaggio costiero di Santa Cruz, per una duplice ragione: alleviare in allo strapotere delle potenti oligarchie cittadine lagunere e grancanariensi, sempre più indipendenti – grazie all’arricchimento di queste frangie sociali con il commercio – rispetto al potere centrale ed in secondo luogo per ragioni morfologico-logistiche in cui sorgeva la baia santacrucera, che riparata dal Macizo de Anaga correva minor rischio di eventuali incursioni piratesche e posta in direzione del mare, era pronta ad accogliere i commerci provenienti dai porti meridionali peninsulari e dai settentrionali d’Europa.

La città in quest’epoca si sviluppa dal mare in direzione della rampa lavica a settentrione avendo a confine i limiti laterali del Macizo de Anaga e del Barranco de los Santos, limiti che rimarrano tali fino ai nostri giorni per delimitare il quadrilatero storico del municipo tinerfegno.

Durante tutto il XIX secolo la città acquisì il titolo di porto franco, ponendo le basi di un’economia di esportazione e di interscambio, essendo in primo luogo il territorio canario ricco di molti prodotti inesistenti sul mercato europeo. Inoltre la regione fu uno scalo obbligatorio delle navi in direzione/ritorno dalle colonie alla madrepatria (in maggioranza britanniche dai porti delle colonie asiatiche e africane, spagnole e portoghesi con i commerci dai territori caraibici e dell’america meridionale), arricchendo molto i suoi scali.

Nel corso del 1800, sull’eco della rivoluzione industriale europea, l’isola é intercorsa da fermenti industriali e ammodernamenti, riforme che pongono le basi per il ruolo di polo attrattivo che caratterizzerà la capitale del secolo successivo, meta centripeta dell’emigrazione da tutto l’arcipelago e dalle zone interne dell’isola: la produzione della cocciniglia, l’ampliazione del porto, la costruzione del molo sud, la costituzione di vari poli industriali e il potenziamento ed ampliamento delle principali arterie di comunicazione.

La cocciniglia, colorante naturale impiegato nelle industrie tessili del nord europa, fu per un periodo di tempo la maggior rendita dell’isola; si fece spazio al posto del coltivo intensivo da frutto (banane in maggioranza) in tutta l’area a settentrione.

Santa Cruz assistette in quest’epoca ad un primo flusso migratorio, in maggioranza dalle aree rurali intestine, attirati dalla possibilità di scalata sociale che la produzione delle nuove piantagioni prometteva; generalmente questo flusso di manodopera fu dirottato in quartieri laterali al perimetro storico, in primitive borgate di pescatori quali Él Cabo, Él Toscal e Los Llanos.

Contemporaneamente in direzione nordest si ebbe un ampliamento del polo portuario, la creazione del Muelle Norte, infrastruttura che attirò anche in quest’area una piccola parte della popolazione emigrante, con la costituzione dell’urbanizzazione di Valleseco, pittoresco villaggio edificato all’interno di un barrancos.

Nel centro cittadino vengono erette, sotto la guida della somma figura militare dell’isola, il Generale Wayler, l’edificio di Capitania Generale della regione Canaria e la piazza adiacente, simboli della continuazione dei poteri centrali in ambito colonialistico.

La costruzione di quest’infrastrutture ebbero un effetto a catena sull’ambiente circostante: in primo luogo l’ampliamento del centro cittadino verso le aree circostanti ed il completamento di una delle principali arterie comunicative, il Paseo de Los Coches (attualmente Rambla del General Franco) miglioria attorno al quale si formarono i nuclei di Salamanca-Chica, San Sebastián, Duggi e il residenziale de Los Hoteles-Pino de Oro. Un esempio che dimostra il ruolo chiave delle infrastrutture nella dinamica cittadina.

Con lo scoppio della prima guerra mondiale, Santa Cruz (e tutta la regione canaria) benché lontana fisicamente dai disastri che sconvolsero l’Europa della prima decada del XX secolo, venne coinvolta nell’eco di crisi della struttura tradizionale e di miseria che la guerra portava con se: dagli anni a ridosso del primo ventennio del ‘900 fino agli anni ’70, in conseguenza anche della sanguinosa guerra civile spagnola del ’36, Santa Cruz si trasformò nel principale nucleo-rifugio per la popolazione canaria, affamata, ridotta allo stremo e con alti indici di natalità…

Accostarsi all’area metropolitana di Santa Cruz de Tenerife é come accostarsi ad un mosaico composto da tante realtà culturali, edilizie, territoriali, storiche e demografiche differenti.

Passato e presente si fondono in un congiunto di estrema vivacità dei “barrios afuera”, di ordine e hispanicidad del centro e degli antistanti quartieri marittimi, fino alla sconfinata comarca della zona montagnosa del Macizo de Anaga, caratterizzata dalla viva tradizionalità e cultura popolare.

Descrivere la vera realtà cittadina é un compito alquanto arduo ma tuttavia grazie alla disponibilità e cordialità locale ho potuto avvicinarmi alla variopinta trama di cui si compone e (scompone) il maggior polo attrattivo insulare di tutto il XX secolo.

Per molto tempo il polo di espansione fu attorno all’antica capitale insulare de La Laguna, modello architettonico significante l’espansione del potente regno di Castiglia in direzione dei nuovi territori atlantici, nei cui pressi si formarono varie entità territoriali, quali villaggi costieri (tra cui Santa Cruz) e comunità agricole, con il fine di scambi commerciali con il maggiore cardine insulare.

Nel 1812 venne stabilita come nuova capitale della regione coloniale canaria il villaggio costiero di Santa Cruz, per una duplice ragione: alleviare in allo strapotere delle potenti oligarchie cittadine lagunere e grancanariensi, sempre più indipendenti – grazie all’arricchimento di queste frangie sociali con il commercio – rispetto al potere centrale ed in secondo luogo per ragioni morfologico-logistiche in cui sorgeva la baia santacrucera, che riparata dal Macizo de Anaga correva minor rischio di eventuali incursioni piratesche e posta in direzione del mare, era pronta ad accogliere i commerci provenienti dai porti meridionali peninsulari e dai settentrionali d’Europa.

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La città in quest’epoca si sviluppa dal mare in direzione della rampa lavica a settentrione avendo a confine i limiti laterali del Macizo de Anaga e del Barranco de los Santos, limiti che rimarrano tali fino ai nostri giorni per delimitare il quadrilatero storico del municipo tinerfegno.

Durante tutto il XIX secolo la città acquisì il titolo di porto franco, ponendo le basi di un’economia di esportazione e di interscambio, essendo in primo luogo il territorio canario ricco di molti prodotti inesistenti sul mercato europeo.

Inoltre la regione fu uno scalo obbligatorio delle navi in direzione/ritorno dalle colonie alla madrepatria (in maggioranza britanniche dai porti delle colonie asiatiche e africane, spagnole e portoghesi con i commerci dai territori caraibici e dell’america meridionale), arricchendo molto i suoi scali.

Nel corso del 1800, sull’eco della rivoluzione industriale europea, l’isola é intercorsa da fermenti industriali e ammodernamenti, riforme che pongono le basi per il ruolo di polo attrattivo che caratterizzerà la capitale del secolo successivo, meta centripeta dell’emigrazione da tutto l’arcipelago e dalle zone interne dell’isola: la produzione della cocciniglia, l’ampliazione del porto, la costruzione del molo sud, la costituzione di vari poli industriali e il potenziamento ed ampliamento delle principali arterie di comunicazione.

cochinilla

La cocciniglia, colorante naturale impiegato nelle industrie tessili del nord europa, fu per un periodo di tempo la maggior rendita dell’isola; si fece spazio al posto del coltivo intensivo da frutto (banane in maggioranza) in tutta l’area a settentrione.

Santa Cruz assistette in quest’epoca ad un primo flusso migratorio, in maggioranza dalle aree rurali intestine, attirati dalla possibilità di scalata sociale che la produzione delle nuove piantagioni prometteva; generalmente questo flusso di manodopera fu dirottato in quartieri laterali al perimetro storico, in primitive borgate di pescatori quali Él Cabo, Él Toscal e Los Llanos.

Contemporaneamente in direzione nord-est si ebbe un ampliamento del polo portuario, la creazione del Muelle Norte, infrastruttura che attirò anche in quest’area una piccola parte della popolazione emigrante, con la costituzione dell’urbanizzazione di Valleseco, pittoresco villaggio edificato all’interno di un barrancos.

Nel centro cittadino vengono erette, sotto la guida della somma figura militare dell’isola, il Generale Wayler, l’edificio di Capitania Generale della regione Canaria e la piazza adiacente, simboli della continuazione dei poteri centrali in ambito colonialistico.

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La costruzione di quest’infrastrutture ebbero un effetto a catena sull’ambiente circostante: in primo luogo l’ampliamento del centro cittadino verso le aree circostanti ed il completamento di una delle principali arterie comunicative, il Paseo de Los Coches (attualmente Rambla del General Franco) miglioria attorno al quale si formarono i nuclei di Salamanca-Chica, San Sebastián, Duggi e il residenziale de Los Hoteles-Pino de Oro.

Un esempio che dimostra il ruolo chiave delle infrastrutture nella dinamica cittadina. Con lo scoppio della prima guerra mondiale, Santa Cruz (e tutta la regione canaria) benché lontana fisicamente dai disastri che sconvolsero l’Europa della prima decada del XX secolo, venne coinvolta nell’eco di crisi della struttura tradizionale e di miseria che la guerra portava con se: dagli anni a ridosso del primo ventennio del ‘900 fino agli anni ’70, in conseguenza anche della sanguinosa guerra civile spagnola del ’36, Santa Cruz si trasformò nel principale nucleo-rifugio per la popolazione canaria, affamata, ridotta allo stremo e con alti indici di natalità…

di Alessandro Giacomi segue…

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