Laggiù nel paese dei tropici… cantavano Dalla e De Gregori nel mitico album Banana Republic, correva l’anno 1979 e sebbene alcuni economisti grigi e antipatici facessero previsioni nefaste sull’ evoluzione del sistema delle pensioni pubbliche in Italia, non sembrava che nessuno li prendesse poi molto sul serio.
Di fatto quasi quarant’anni dopo i dati si commentano da soli: lo studio pubblicato recentemente dalla Mercer (Mercer Global Pension Index 2017) vede l’Italia al 20º posto su un totale di 30 paesi analizzati mentre, tanto per cambiare, la Danimarca è da sei anni sul podio. Ma il dato che più mi preoccupa é che siamo alla coda nel punto sostenibilità questione che apre la porta alla necessità di cambi strutturali profondi se non vogliamo trovarci di fronte a un evidente problema intergenerazionale.
Prendendo spunto da questi dati mi sono chiesto ma in Spagna (e quindi anche alle Canarie) come andiamo?
Secondo i dati facilitati da recenti statistiche dell’organismo supervisore DGSFP (Dirección General de Seguros y Fondos de Pensiones) solo il 5% degli spagnoli sarebbe preoccupato per la futura pensione. Ai primi posti altre preoccupazioni come l’impiego e la salute.
Ma vediamo velocemente come funziona il sistema previdenziale spagnolo. Il sistema si basa su tre pilastri : in primo luogo la Previdenza Sociale (Seguridad Social) offre due tipi di pensioni la contributiva, finanziata con i contributi pagati dai lavoratori impiegati e autonomi e aziende e la non contributiva che ha un obiettivo di copertura minima universale per tutti, si finanzia direttamente dal gettito fiscale.
Attenzione quest’ultima deve essere giustificata da una serie di requisiti. La pensione non contributiva per il 2017 é fissata in 368,90 euro per 14 quote anno. Sembra poco per poter vivere decentemente al giorno d’oggi in Europa e allora cosa facciamo?
Tornando al sistema previdenziale, il secondo pilastro è parte della protezione sociale complementare ed é rappresentato dai piani previdenza e assicurazioni collettive aziendali che contraggono le aziende a favore dei propri lavoratori, in Spagna questa parte previdenziale non é riuscita a funzionare molto bene, colpa in parte degli scarsi incentivi statali, é un’area sulla quale bisognerebbe incidere con dei miglioramenti. Per ultimo il terzo pilastro che é la previdenza privata individuale, piani previdenza, assicurazioni e simili, che é totalmente facoltativa e sebbene abbia avuto una certa crescita negli ultimi anni, merito gli incentivi fiscali, non é ancora del tutto inserita nella cultura nazionale.
La conclusione é che in generale costa molto risparmiare e si tratta di nuovo di una questione di formazione, educazione e informazione, se la gente sapesse… prenderebbe provvedimenti. Per questo vi comunico un’ultima chicca: il sistema pubblico pensionistico spagnolo si caratterizza per finanziarsi ogni anno con le entrate derivanti dai contributi versati da aziende e lavoratori più una parte trasferita direttamente dallo Stato sulla base del Budget annuale e con questi soldi si pagano le pensioni, ma solo quelle dell’anno in corso. Non si riservano fondi di capitalizzazione per coprire il pagamento di pensioni future.
Ma allora io mi chiedo, se la natalità è a crescita zero, la vita media è in aumento e la popolazione sta invecchiando velocemente, come faremo a mantenere in piedi lo stato del benestare fra qualche anno? Attenzione che qui bisogna muoversi e anche subito, non facciamo la solita figura di arrivare all’ultimo momento con la patata bollente, iniziamo a informarci, interessarci e occuparci, le alternative ci sono e alla portata di tutti.
L’alternativa è continuare a cantare… questa volta però come l’orchestra del Titanic.
Dr. Corrado Condemi
Ag. Bankinter – Tenerife – Canarie
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