Scudo fiscale: sanzioni per i capitali detenuti all’estero

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studio-cicconiLo scudo fiscale, re-introdotto dall’art.13 del Decreto Legge n.78 del 1 luglio 2009 e denominato “scudo-ter”, consentiva ai cittadini italiani di rimpatriare o regolarizzare le ricchezze mobiliari (titoli, conti correnti, polizze, azioni quotate e non, titoli obbligazionari, quote di partecipazioni in società, etc) e patrimoni

immobiliari (diritto di proprietà, quote di diritti reali, multiproprietà) detenuti all’estero illegalmente, cioè non rispettando gli obblighi di comunicazione dei capitali trasferiti o detenuti all’estero e di dichiarazione dei relativi redditi in Italia mediante la mera compilazione del quadro RW dell’Unico.

Il rimpatrio (per i beni collocati fuori dall’Unione Europea) o la regolarizzazione (per i beni detenuti all’interno del territorio comunitario) comportava il versamento di un’imposta straordinaria del 5% all’Erario italiano calcolata sulla base di criteri oggettivi fissati dalla normativa permettendo, così, ai contribuenti di evitare le conseguenze derivanti dalla detenzione illegale di attività e ricchezze all’estero.

In particolare e per chiarire gli effetti (intesi in termini di benefici) della normativa in esame, coloro i quali hanno aderito allo scudo fiscale godranno dell’estinzione delle sanzioni tributarie sul monitoraggio, della preclusione di ogni accertamento fiscale, limitatamente alle attività o ricchezze dichiarate e dell’esclusione della punibilità per i reati tributari, oltre del completo anonimato. Infatti, i nomi dei contribuenti saranno custoditi dagli intermediari finanziari e bancari ai quali sarà affidata l’operazione.

Occorre, tuttavia, evidenziare che molti cittadini italiani non hanno aderito a tale iniziativa del Governo e, di conseguenza, si trovano in una situazione d’illegalità, con l’impossibilità di poter usufruire dello scudo fiscale, dato che, i termini sono scaduti.

Infatti, i soggetti obbligati alla compilazione del quadro RW (persone fisiche, società semplici, enti non commerciali) che detengono attività finanziarie e patrimoniali all’estero mai dichiarate e che dalle quali dovessero emergere (a seguito di controlli) redditi sottratti a tassazione ancora accertabile, potranno essere esposti a conseguenze penali e tributarie.

Più precisamente, la mancata adesione allo scudo prevede a oggi:
– sanzioni amministrative dal 240% al 480% dell’ammontare delle imposte dovute in caso di omessa presentazione della dichiarazione, ovvero dal 200% al 400% delle imposte dovute in caso di infedele dichiarazione;
– sanzioni amministrative dal 120% al 240% dei redditi prodotti all’estero dal capitale non dichiarato in caso di omessa presentazione della dichiarazione, ovvero dal 100% al 200% in caso d’infedele dichiarazione;
– pena: reclusione fino a tre anni.
– sanzione accessoria: confisca dei beni di corrispondente valore.

In ogni caso, l’ipotesi di un eventuale controllo su redditi derivanti da attività “non scudate” sebbene possa essere concreto e fattibile sotto il profilo procedurale, rimane sempre legato al periodo temporale di accertamento.

Fermo restando, che per chiarire nel dettaglio ogni singolo caso potete, beneficiare della nostra consulenza fiscale.

 

Michele Paolo Cicconi

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