Tra nostalgia e necessità: la riscoperta del libro stampato nell’età del virtuale

Scritto il 01/04/2025
da Alessia Giordano

 Per anni si è prospettato il tramonto del libro stampato, una lenta ma inesorabile obsolescenza dettata dall’avvento degli eBook e dalla digitalizzazione pervasiva dell’esperienza di lettura. Si immaginavano librerie relegate a vestigia di un’epoca ormai superata, scaffali svuotati a favore di sterminati archivi virtuali, mentre lo schermo luminoso avrebbe assunto il primato assoluto nella fruizione dei testi. Eppure, in un’epoca segnata dalla smaterializzazione dei contenuti, il libro cartaceo non solo ha saputo resistere, ma sembra aver riconquistato un posto privilegiato nel cuore dei lettori. Non si tratta di un capriccio nostalgico né di una sterile opposizione al progresso tecnologico, bensì dell’espressione di un bisogno autentico, profondamente radicato nell’esperienza umana: il desiderio di contatto con la materia, con la consistenza tangibile della carta, con il profumo delle pagine appena sfogliate e il peso confortante del volume tra le mani. Vi è un piacere insostituibile nell’atto di voltare una pagina, nel sottolineare con una matita un passaggio significativo, nell’inserire un segnalibro e ritrovare la propria storia esattamente laddove la si era interrotta. In un momento storico caratterizzato dalla fugacità digitale, la lettura su carta si configura come un atto di resistenza contro l’effimero, una scelta consapevole di autenticità in un mondo sempre più rarefatto e virtuale. A differenza dello schermo, la pagina cartacea non è soggetta a continue interruzioni, non vibra con notifiche incessanti, non invita alla dispersione in un vortice di applicazioni e distrazioni. Il libro esige dedizione, impone un ritmo più lento e profondo, favorisce un’immersione totalizzante che gli strumenti digitali raramente riescono a garantire. Non si tratta soltanto di un’impressione soggettiva: molteplici studi dimostrano che la lettura su carta facilita la comprensione e la memorizzazione, grazie alla tridimensionalità dell’esperienza, alla spazialità della pagina, alla possibilità di ritornare indietro con un semplice gesto della mano. Elementi, questi, che amplificano l’apprendimento e rafforzano il legame intellettuale ed emotivo con il testo. Questa rinnovata predilezione per il libro stampato trova riscontro anche nei dati di mercato: le vendite di volumi cartacei registrano un incremento costante, spingendo gli editori a riconsiderare la propria strategia digitale. Sorprendentemente, anche le nuove generazioni sembrano prediligere la fisicità del libro, non solo per il fascino estetico che lo contraddistingue, ma anche per il desiderio di un’esperienza di lettura più intensa, meno frammentata e soggetta alla distrazione. Fenomeni come Bookstagram e BookTok hanno elevato il libro cartaceo a icona culturale, a simbolo di appartenenza e di stile, favorendo la nascita di comunità di lettori che condividono passioni e suggerimenti letterari con entusiasmo e partecipazione. Non si tratta, tuttavia, di demonizzare il digitale, che conserva indiscutibili vantaggi in termini di accessibilità e praticità. La vera sfida risiede piuttosto nella ricerca di un equilibrio armonico tra i due mondi, nella valorizzazione della loro complementarità senza cedere alla frenesia della novità fine a sé stessa. Forse il libro cartaceo non è mai stato realmente minacciato di estinzione; piuttosto, il suo ritorno trionfale testimonia un’esigenza diffusa di radicarsi in un’esperienza più autentica, di sottrarsi alla velocità vertiginosa dell’informazione per abbandonarsi a una lettura che sia, ancora una volta, profondamente umana. La carta non è un semplice supporto: è una promessa di durata, un rifugio contro l’impermanenza, un’ancora nel mare impetuoso del tempo che scorre.