Chi visita le Isole Canarie per la prima volta resta spesso colpito non solo dal paesaggio vulcanico e dal clima mite, ma anche da alcune parole che sembrano uscire direttamente dall’inglese, pur pronunciate con accento spagnolo. Termini come queque (da cake, torta), pulóver (da pullover, maglione), nife (da knife, coltello), tenis (da tennis shoes, scarpe sportive) o futin (da footing, jogging) sono solo alcuni esempi di un fenomeno linguistico che affonda le sue radici in una storia fatta di scambi, rotte marittime e migrazioni.
La presenza di anglicismi nelle Canarie non è infatti recente né casuale. Per comprenderla, bisogna risalire al XIX secolo, un periodo di grandi trasformazioni commerciali e geopolitiche. Le Isole Canarie, grazie alla loro posizione strategica nell’Atlantico tra Europa, Africa e le Americhe, divennero un punto di riferimento fondamentale per le rotte navali britanniche. Le navi inglesi si fermavano regolarmente nei porti di Santa Cruz de Tenerife e Las Palmas de Gran Canaria per fare rifornimento e manutenzione, trasformando questi porti in snodi vitali del commercio internazionale.
Questa intensa attività portò alla nascita di vere e proprie colonie britanniche nelle isole. Molti mercanti, imprenditori e tecnici inglesi si stabilirono nell’arcipelago per anni, alcuni fino alla fine della loro vita, fondando scuole, chiese anglicane, e introducendo usi e costumi propri della cultura britannica. Con loro arrivò naturalmente anche la lingua, che iniziò a infiltrarsi nei discorsi quotidiani della popolazione locale, soprattutto nei contesti commerciali, industriali e domestici.
Non si trattò però soltanto di un’influenza passiva. Anche molti canari emigrarono nel corso del tempo, in particolare verso il Regno Unito, Gibilterra e, più tardi, verso il Venezuela e gli Stati Uniti. Tornando a casa, spesso portavano con sé parole, espressioni e abitudini linguistiche apprese all’estero. In alcuni casi, queste parole venivano completamente adattate alla fonologia e alla morfologia spagnola delle Canarie, fino a perdere quasi del tutto l’aspetto originale, pur conservandone il suono e il significato.
A questo fenomeno va poi aggiunto l’impatto del turismo, esploso nella seconda metà del Novecento. A partire dagli anni ’60, le Canarie diventarono una delle principali destinazioni per il turismo britannico ed europeo. Il boom del settore alberghiero e dei servizi legati all’accoglienza portò a un ulteriore aumento dell’uso di termini inglesi, spesso legati alla gastronomia, alla moda, al tempo libero o alla tecnologia. Alcune di queste parole, inizialmente usate solo in ambito turistico, vennero ben presto assorbite anche dalla popolazione locale.
Non si può nemmeno trascurare il ruolo della musica, del cinema e della televisione anglosassone, veicoli culturali potentissimi che negli ultimi decenni hanno consolidato l’uso di termini inglesi a livello globale, Canarie incluse. Tuttavia, nell’arcipelago, l’adozione di parole inglesi avviene in modo particolarmente naturale, come parte di una lunga storia di convivenza e scambio.
Oggi, parlare del “lessico inglese delle Canarie” significa raccontare un processo di contaminazione linguistica che non riguarda solo la lingua, ma l’identità stessa dell’arcipelago. Le parole inglesi non sono elementi estranei, ma parte integrante di una cultura meticcia, aperta e plasmata dalla sua posizione geografica. Non è un caso se le Canarie, pur essendo spagnole, abbiano sempre mantenuto una forte dimensione internazionale. La loro lingua riflette esattamente questo: un ponte tra mondi.
Così, quando un canario parla del suo queque preferito, indossa un pulóver o va a fare futín al parco, non sta solo usando anglicismi: sta, inconsapevolmente, rendendo omaggio a una storia di mare, di viaggi e di incontri che ha reso le Isole Canarie un luogo unico, dove la lingua, come le correnti oceaniche, mescola e trasporta significati da un continente all’altro.
L’eco dell’inglese nel lessico canario: storia e influenze di un arcipelago tra le rotte del mondo
Scritto il 01/06/2025
da Barbara Stolecka