Tenerife e il richiamo dei nomadi digitali: l’isola che lavora guardando l’oceano

Scritto il 04/09/2025
da Enrico Gatti

Tenerife non è più soltanto sinonimo di vacanza. Accanto ai turisti in costume e ai surfisti sulle onde, l’isola vede crescere una comunità diversa: quella dei nomadi digitali, professionisti che hanno scelto di portare il proprio lavoro da remoto in un luogo che offre molto più di una connessione internet stabile. Un fenomeno in ascesa raccontato da Leggo Tenerife, che già nel settembre 2024 indicava l’isola tra le mete europee più apprezzate per vivere e lavorare con il laptop nello zaino, grazie a clima, servizi e una rete di spazi di lavoro condivisi in costante espansione .

Il successo non nasce per caso. Qui l’inverno è una parentesi mite, le giornate di sole superano ampiamente la media continentale e il mare è una presenza quotidiana. Per chi fa call internazionali e progetti distribuiti, la stabilità della connessione è cruciale: negli ultimi anni sono nati coworking e hub tecnologici che offrono postazioni, sale riunioni e community manager, trasformando l’ufficio in un luogo sociale dove idee diverse si incontrano.

Il Sud di Tenerife è l’epicentro di questa rivoluzione gentile. Costa Adeje, Los Cristianos e Playa de Las Américas hanno imparato a parlare la lingua dei lavoratori da remoto: affitti a medio termine, pacchetti “work & stay”, eventi di networking al tramonto. Leggo Tenerife descrive l’area come “un nuovo paradiso per i nomadi digitali”, grazie alla combinazione di servizi, infrastrutture e un tessuto internazionale che rende tutto più semplice per chi arriva e vuole integrarsi rapidamente .

Il valore aggiunto è la comunità. Le settimane sono scandite da workshop, sessioni di formazione, colazioni di benvenuto per i nuovi arrivati. In un coworking di Santa Cruz si discute di UX e intelligenza artificiale; a El Médano, dopo il lavoro, si esce con la tavola per sfruttare l’aliseo. Non è solo una questione di comfort: questo ambiente produce connessioni professionali, progetti condivisi, talvolta vere e proprie start‑up.

L’impatto economico si vede. A differenza del turista mordi e fuggi, il nomade digitale resta mesi, frequenta ristoranti di quartiere, palestre, scuole di spagnolo, laboratori artigiani. La spesa è più distribuita e aiuta la destagionalizzazione. Alcuni proprietari hanno convertito parte degli alloggi in formule flessibili; ristorazione e servizi si sono adeguati con menù “lunch & work”, prese e Wi‑Fi affidabile, orari estesi.

Le istituzioni non sono rimaste a guardare. Iniziative promozionali, semplificazioni per la residenza temporanea, sostegno agli spazi di coworking: tasselli che convergono verso un obiettivo chiaro, rafforzare Tenerife come hub europeo del lavoro remoto. Un filone che dialoga con la trasformazione digitale del lavoro e con la vocazione internazionale dell’isola documentata dalle cronache locali .

Non mancano le sfide. In alcune aree la pressione sugli affitti è cresciuta, alimentando il dibattito su come bilanciare attrazione di talenti e tutela dei residenti. Il tema della sostenibilità pesa: più presenze significano maggiore consumo di risorse, dall’acqua all’energia. La risposta passa da politiche urbane attente (mobilità dolce, efficienza energetica, riuso degli spazi) e dalla collaborazione tra amministrazioni, operatori e comunità nomadi.

C’è poi una questione identitaria: il rischio di trasformare i luoghi in scenari intercambiabili. A Tenerife questa deriva è contrastata da un patrimonio naturale e culturale marcato — il Teide, i barrancos, i mercati, le feste di paese — che i nomadi più sensibili scelgono di frequentare e sostenere. La qualità del tempo libero, qui, è parte integrante dell’esperienza lavorativa: trekking tra pini e lava, snorkeling al mattino presto, teatro e musica la sera.

Alla fine, il motivo per cui tanti restano è semplice: benessere quotidiano. Un equilibrio tra produttività e vita all’aria aperta che altrove è raro. La tastiera scorre, la luce è buona, il mare è a cinque minuti. E quando serve una pausa, bastano due passi per ritrovare la concentrazione in riva all’oceano.

Tenerife ha scelto la strada dell’accoglienza intelligente. Non un luna‑park per lavoratori in transito, ma un ecosistema che valorizza la permanenza, la contaminazione positiva, il rispetto dei luoghi. Per chi arriva con un progetto e la voglia di mettersi in gioco, l’isola offre un invito chiaro: portare qui il proprio lavoro e farlo crescere, insieme a una comunità che sa unire competenza, curiosità e voglia di futuro.