Nelle città europee sta prendendo piede una silenziosa rivoluzione verde: l’adozione del modello di economia circolare per ripensare consumi e produzione in chiave sostenibile. Invece di “prendi, usa e getta”, le metropoli puntano su “riduci, riusa e ricicla”, trasformando i rifiuti in nuove risorse.
Questa svolta nasce dall’urgenza di affrontare le sfide ambientali e climatiche, rafforzando al contempo l’economia locale. Secondo analisi recenti, l’Unione Europea ha promosso con forza la transizione circolare perché potrebbe mitigare significativamente l’impatto ambientale: applicare i principi dell’economia circolare nei settori urbani (edilizia, cibo, trasporti, energia, gestione dei rifiuti) può ridurre fino al 70% delle emissioni di gas serra entro il 2050 e tagliare la produzione di rifiuti urbani di circa un terzo entro il 2030.
Oltre ai benefici ecologici, ci sono vantaggi economici e sociali: maggiore efficienza nell’uso delle risorse, risparmi per le imprese, filiere più resilienti e nuove opportunità di lavoro green. In sintesi, città più circolari significano città più competitive, pulite e vivibili nel lungo termine.
Molti centri urbani hanno già abbracciato questa visione. Parigi, Amsterdam, Glasgow, Milano e decine di altre città europee hanno sviluppato strategie ad hoc per chiudere il ciclo dei materiali e coinvolgere cittadini e imprese nella transizione.
Un rapporto OCSE del 2024 rileva che tre quarti delle città e regioni europee hanno varato politiche di economia circolare, con esempi virtuosi che vanno dal Paese Basco (Spagna) – che punta a incrementare del 30% la produttività delle risorse e ridurre del 30% i rifiuti entro il 2030 – fino a Glasgow (Regno Unito), la cui Circular Economy Route Map incentra la circolarità sullo sviluppo locale inclusivo e sul benessere delle comunità.
In prima linea c’è Amsterdam, considerata una città modello in questo campo: dal 2015 la capitale olandese ha adottato un piano d’azione ambizioso per diventare 100% circolare entro il 2050, riducendo drasticamente l’uso di materie prime vergini.
Amsterdam ha sperimentato il rivoluzionario modello economico della “ciambella” di Kate Raworth e avviato progetti pilota concreti (Circular Amsterdam) per testare nuovi modelli di business circolari – dal riuso dei materiali all’economia della condivisione – coinvolgendo cittadini, aziende e istituzioni nel processo.
Proprio dall’Olanda arriva uno degli esempi più creativi: una piattaforma digitale che permette ai residenti di condividere o noleggiare oggetti di uso comune invece di acquistarli, promuovendo l’idea di accesso al servizio al posto della proprietà e riducendo gli sprechi.
In tutta Europa, iniziative simili spaziano dai quartieri “rifiuti zero”, con sistemi avanzati di raccolta e riciclo, ai centri per il riuso creativo (ad esempio biblioteche degli oggetti e officine di riparazione comunitarie), fino a progetti industriali di upcycling che trasformano scarti in nuovi prodotti.
Si tratta non solo di innovazioni tecniche, ma di un vero cambio culturale: amministrazioni, imprese e cittadini ripensano insieme il concetto di rifiuto, attribuendo nuovo valore a ciò che prima veniva scartato.
Questa transizione, tuttavia, è appena agli inizi e non è priva di ostacoli. Ad oggi, l’economia circolare rappresenta ancora solo una piccola frazione del sistema economico: circa il 12% dei materiali utilizzati nell’UE nel 2023 proviene da riciclo, e le attività circolari generano appena il 2% del PIL e dell’occupazione complessivi.
Molte città faticano a centrare gli obiettivi di riciclaggio e prevenzione dei rifiuti, e servono politiche più incisive a monte (design ecocompatibile, incentivi al riuso) per accelerare il cambiamento.
Inoltre, la svolta circolare richiede investimenti, nuovi modelli di governance urbana e, soprattutto, il coinvolgimento attivo della cittadinanza, affinché comportamenti e abitudini quotidiane evolvano in senso sostenibile.
Nonostante queste sfide, il trend è in crescita e l’innovazione circolare urbana continua a diffondersi: grazie a reti internazionali di città (come la Circular Cities Declaration) e al supporto dell’UE, le metropoli europee stanno diventando laboratori a cielo aperto dove sperimentare un diverso modo di fare economia – più attento all’ambiente e alle persone, ma senza rinunciare alla prosperità.
L’economia circolare nelle città, dunque, non è solo un tema tecnico per addetti ai lavori, ma un fenomeno economico e culturale di portata globale: segna il passo verso un futuro in cui crescita e sostenibilità andranno di pari passo, rivoluzionando il nostro modo di vivere la città.