La Lingua canaria: un viaggio attraverso le mutazioni del tempo

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Il canario è una delle varietà dialettali dello spagnolo che suscitano maggiore curiosità tra gli ispanofoni. Geograficamente più vicino alla Spagna, ma con un accento più vicino alle varianti caraibiche, lo spagnolo canario che conosciamo oggi ha le sue origini nell’arrivo dei conquistatori peninsulari nelle isole durante i secoli XV e XVI.

La chiave per conoscere le origini di questa varietà dallo spagnolo è indagare sull’evoluzione che ha avuto la lingua, poiché molti dei vocaboli e dei prestiti linguistici che sono arrivati sulle isole hanno avuto qualche trasformazione, anche se rimane sempre qualche indizio per poter conoscere le sue origini e apprezzare la grande ricchezza culturale che compone il lessico canario.


Marcial Morera, professore all’Università di La Laguna e autore del Diccionario histórico-etimológico del habla canaria, afferma che le principali influenze sulla lingua dell’arcipelago sono state lo spagnolo, il portoghese e le lingue canarie preispaniche, e in misura minore i contributi dei moreschi, dei normanni e degli inglesi. Durante il periodo della conquista, le isole sperimentarono un grande afflusso di persone provenienti da diverse zone della penisola iberica, soprattutto dall’Andalusia e dal Portogallo, che lasciarono un’importante impronta linguistica che perdura fino ai nostri giorni. Prova di ciò sono alcune parole che ogni canario utilizza ancora oggi quotidianamente, come “embelesar” o “tunera”, provenienti dall’Andalusia, così come “maíz”, “fechar” o “gaveta”, termini derivati dai nostri vicini portoghesi. Tuttavia, queste non sono le uniche influenze che ha avuto il linguaggio canario. Da tempi lontani, le isole hanno mantenuto uno stretto rapporto con il continente americano, creando legami molto stretti con alcuni paesi come Cuba o Venezuela, conosciuta come l’ottava isola. A causa di questa vicinanza c’è stato un importante scambio linguistico sulle due sponde dell’Atlantico, incorporando nel nostro lessico quotidiano parole come “guagua”, “bemba” o “singuango”. Non bisogna dimenticare gli anglicismi che hanno sofferto una trasformazione dando origine a nuovi termini, come “queque”, derivato dall’inglese “cake”, “naife” per indicare il coltello portato dai contadini delle Canarie, derivato dal termine “knife” o le famose patate “Kinegua”, che si riferiscono alle patate “King Edward”, una delle varietà di patate inglesi più esportate alle Canarie.


Morera afferma che in epoche più recenti la lingua ha continuato a sperimentare cambiamenti, poiché deve adattarsi alle società. Le lingue devono essere concepite come un’entità viva, che si evolve e cambia con l’uso dei parlanti. In questo caso, le differenze che sono state osservate in questa varietà dialettale sono dovute alle caratteristiche della lingua di ogni isola, imponendosi alcune peculiarità provenienti da alcune isole rispetto ad altre. Come esempio, il professore ricorda che fino alla fine del XIX secolo nelle Isole Canarie era frequente distinguere tra le forme vosotros e ustedes. Tuttavia, oggi a La Gomera si usa ancora la forma vosotros, soprattutto da parte delle persone anziane. 

Lo stesso accade per la pronuncia della “s” alla fine delle parole, una caratteristica che si conserva sull’isola di El Hierro, ma che probabilmente era condivisa dal resto delle isole, secondo Morera, ma che è gradualmente scomparsa a causa dell’influenza andalusa sulle isole.

Al giorno d’oggi, a causa della grande influenza dei social network nella nostra vita quotidiana, alcuneparole del lessico canario tendono a scomparire, soprattutto tra i più giovani. 

Di fronte a questa situazione, la popolazione canaria dovrebbe riflettere sull’importanza di continuare a preservare il patrimonio lasciato dai nostri antenati.

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